Prescindendo dall’esistenza degli inguaribili pessimisti, vi sarebbero mille e una ragione, nel mondo moderno, per essere assolutamente ottimisti.
Ragioni oggettive, che non vale nemmeno la pena di menzionare, tanti sono innegabili i vantaggi materiali che la modernità ci ha procurato.
Si tratta quindi di ragioni di principio, ma inevitabilmente anche di ragioni del dovere, visto che il pessimista è un insopportabile guastafeste, e lo ancor più in un mondo che tutto è disposto a sopportare tranne la messa in discussione della sua positività.
E su questo alla fine dei conti sono d’accordo tutti, conservatori e progressisti.
Eppure il pessimismo è comunque necessario.
Provatevi, in questi grigi giorni di incipiente autunno, ad arrendervi per un attimo al desiderio romantico di passeggiare su un sentiero di campagna, gustandovi così la dolce malinconia dello smorto paesaggio di questa stagione.
E soprattutto provatevi ad osare di metterlo in pratica.
Non vi è dubbio che il vostro desiderio abortirà già ai primi passi sul sentiero che avrete scelto. Perché invece della dolcezza della naturale decadenza ciclica autunnale, vi si parerà davanti, atroce ed ineludibile, il paesaggio della moderna devastazione. Uguale a sé stessa sempre, questa, cioè atroce sempre, in estate, in autunno, in inverno, in primavera.
Ed allora sarete costretti a pensare che nemmeno la coltivazione della malinconia è più possibile in quel mondo moderno in cui tutti gli uomini, senza eccezioni, hanno scelto per sé lo scenario naturale che solo può accompagnare la loro così ottimistica (assolutamente positiva) condizione esistenziale, la devastazione.
Ciò era quanto il poeta inglese TS Eliot aveva visto nel suo poema The waste Land già nei primi decenni del secolo scorso.
Ma a questo punto, se non siete pessimisti ad oltranza, non cedete ancora alla disperazione!
Perché vi è ancora una speranza, e cioè quella di convertirvi definitivamente in pessimisti, superando così a piè pari, e con ostinata arroganza anti-oggettivista, l’oggettività cogente delle ragioni dell’ottimismo.
Allora vi accorgerete infatti che il pessimismo non è solo necessario per guardare in faccia alla realtà ma è anche necessario per sperare, coltivando in sé il sogno, realizzabile o meno che esso sia, di un mondo che non sia appena “così com’è”, cioè “come si presume che debba essere”.
Non vi è nulla, infatti, che sia più ottimista che questo pessimismo della fedeltà al più puro ed intangibile ideale.
Concedetevi, miei cari amici, finalmente ”a raiva de a saudade…”, come la chiamò Fernando Pessoa, la rabbia della nostalgia. Questa sì è rivoluzionaria!