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Posts Tagged ‘poesia’

La posizione di Victor Hugo (Victor Hugo, I miserabili, Catania: Paoline, II, p. 58-62) si presta perfettamente ad illustrare quanto noi intendiamo sostenere riguardo alla prossimità alla metafisica integrale del più alto Platone. Quelle di Hugo sono pagine impareggiabili, che bisognerebbe riportare integralmente, ma ovviamente non si può.
Curiosamente egli sembra porre la contemplatività estatica propria della filosofia-poesia come il paradigma stesso della metafisica ed inoltre della stessa filosofia. Il filosofo è un metafisico ed entrambi sono poeti al modo di una contemplazione dell’infinito che è indifferente al finito.
In un certo senso si potrebbe ben vedere in questo rispecchiata la posizione platonica. Ed in essa si riconoscerebbe dunque giustamente una concordanza non solo tra filosofia e metafisica ma perfino tra entrambe e la poesia.
Ma cosa manca?
Manca quell’imponderabile ed infinitesima ma decisiva variabile, appena un piccolo “ma…” del tutto accessorio in tanta grandiosa bellezza ed altezza, che è la sofferenza dell’uomo, o più generamente del “finito”. È il piccolo “ma…” dei due orfani cenciosi che nello splendore primaverile dei Jardins de Louxemburg si aggiravano quasi vergognosi di comparire in tutta quella bellezza.
Accade in Primavera, “paradiso provvisorio”. Quando del mondo “tutto ride, canta, si offre”.
Eppure….e ma…! Continua in tutta questa bellezza e dovizia a risuonare il terrificante grido del bimbo : ‒ “…ho fame!”
Cosa manca dunque? Manca l’etica ! E per cosa essa manca ? Manca perchè la metafisica sia autentica cioè integrale!
Ora, è proprio vero che tutto questo manca anche alla visione di un pensatore come Platone?
Victor Hugo sembrerebbe suggerirci di si, anche senza fare nomi. La sua visione, senz’altro sublime, fa qui diretto riferimento al Vescovo Myriel raffigurato all’inizio del romanzo (il redentore di Jean Valjean) : ‒ un uomo che rinunciava alle profondità abissali della metafisica per limitarsi solo e semplicemente ad amare. E basta!
È la grande levata di scudi della carità, che permise al Cristianesimo di sbaragliare il Paganesimo, e con esso, in qualche modo, anche la filosofia. Da quel momento in poi sottomessa alla teologia.
Di ciò a cui ci richiama Hugo, dunque, non si dovrebbe mai stancare di ricordarsi.
Ma è con ciò detto veramente tutto? (altro…)

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Naufrago, affido a questo blog la mia più intima e profonda speranza di vita, la poesia.
Ne ho scritte tantissime negli ultimi anni, mentre intanto decisamente camminavo verso la filosofia metafisica.
Non ho smesso infatti mai di essere poeta. Anzi sono convinto che la poesia sia l’essenza stessa della filosofia. Così come credo sapesse bene anche Platone, nonostante le apparenze.
Ma sono stufo di tenere le poesie nel cassetto. Esse non sono fatte per starci. E così da oggi in poi pubblicherò qui quelle che mi sembrano più degne. Non mi importa se qualcuno se ne approprierà pubblicandole  e magari (hai visto mai?) cogliendo il successo che a me è stato sempre negato [ anche se l’eventuale ladro, se mai ci sarà (come forse solo la mia cattiveria e la mia vanagloria mi suggeriscono) sappia che i contenuti pubblicati in questo blog sono protetti da un copyright!].
Del resto non ho scelta : ‒ la poesia non interessa agli editori, ed alla fine nemmeno ai lettori (che oggi preferiscono di gran lunga i gialli, meglio ancora se ipocriti e conformisti). I pochi tentativi che ho fatto finora hanno avuto solo un esito indecoroso (per mia stessa colpa), e quindi ci rinuncio per sempre.
E  lancio allora da oggi in poi in mare le bottiglie del naufrago. Lo farò ogni volta ri-pubblicando tutte insieme le poesie scritte fino a quel momento, in ordine cronologicamente regressivo e con la più recente in testa.
E se qualcuno, come ho detto, vorrà appropriarsene, che sia dunque. È forse anche meglio , perchè almeno in tal modo la poesia troverà una carne ed un corpo. Che questo è il suo naturale destino!

Meglio in giro per il mondo e senza nome che nel profondo oscuro  sterile delle cellule secretorie di un’esocrina ghiandola spirituale. Perchè la poesia, essendo “anima”, ossia “profondo”, è appunto Vita (Stein).

16.08.14
Il Tutto.

Chi ha detto che per godere della natura si deve uscire,
e, ancor più, chi ha detto che di una Natura goder si debba?
Quanto a me, amo starmene a casa,
ad assistere al lento diventar vecchio del cielo.
Solo questo!
Mi bastano perciò solo una finestra ed un cielo.
Non mi serve a terra guardar,
al delle morte cose e  dei viventi esseri lieve e sommesso divenire,
o al più rumoroso e pesante degli umani marciare
‒ orrore, chiasso e festa, insopportabili, del mondo.
Non mi serve, no!
Il resto, così, per quanto mi venga caldamente consigliato,
non mi serve e non lo farò.

E se proprio dovrò camminare,
allora lascerò che nel bagliore immenso riflesso dal selciato,
solo appena si disegnino le cose come ombre,
leggiadre ora sì, ombre
di quel cielo di cui ben lascerò che si dica : ‒
«Nulla v’è di più bello delle nuvole passar nel cielo».

Lo disse un tempo (ricordate?) il Principe morente di Tolstoj.
Perchè altro non c’è che il lento, maestoso e sommamente bello,
passar delle nuvole nel Cielo.
Tutto esso è ed altro non v’è.

26.06.14
Aurora!.

Corri, corri sotto le nuvole, ragazzo,
sotto le nuvole corri,
tu sai perchè : l’hai sempre saputo,
e tu solo sai perchè.
Marcia nel fango, dunque!
La meta è ancor lontana
e tu sai perchè ognora dovrai masticare amaro,
non sei arrivato nè mai arriverai.
Finchè morte non separi da estensione!
Tu sai, dico, sai perchè,
e per questo ti prego non stancarti,
non cercare conforti, amico mio, ma invece infine va’,
passo dopo passo, senti pieno,
il duro del suolo,
uno, due, tre…e nulla dopo.

E guardagli infine dentro a quegli sguardi vuoti,
non hanno capito : ‒ ancora una volta,
ancora una volta dal loro fondo sale il gelo,
stupido e indifferente, cieco ma orgoglioso gelo.
E nessuna risposta, solo l’eterna esortazione del vivente: ‒
«Or, lasciaci dunque in pace! E va’!».
E allora sta’ finalmente zitto, e cammina, o amico mio : ‒
la lunga fila che davanti ti si snoda,
ancor’oggi serpeggia per valli infinite,
la di cui la fine mediamente vedere non si vuol.
Ma anche tu sei solo uno dei tanti, dei molti, dei plurimi,
nessun diritto hai di alzar la voce,
dunque!

Sappilo : ‒ tutto solo finirà quando una larga e nera bocca un giorno si aprirà,
e un po’ più là, un po’ più oltre essa,
una vaga nebbia rilucerà,
appena un vuoto e opaco banco,
annunciando con un vago tepore di rosa,
l’Aurora.

 

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