In uno dei testi di Edith Stein (Aufbau der menschlichen Person, IV, 3, p. 48-49) si giunge ad una delle più estreme conclusioni morali possibili sulla base della dottrina della persona, ovvero dell’assoluta ed irripetibile unicità umana.
E ricordo qui soltanto di sfuggita che essa è fortemente consonante con il centrale concetto cristiano della nascita di Dio in forma umana, cioè della nascita divina in un supremo e paradigmatico Bambino, che a sua volta sembra assommare in sé proprio l’unicità irripetibile nella sua massima espressione. Quella dell’assoluto Uno divino che l’intero neoplatonismo, pagano e cristiano, ha sempre riaffermato.
La conclusione cui giunge la Stein è la seguente. Posto che è impossibile supporre nell’animale un’individualità così strenua come quella umana, e posto allora che proprio qui risiede una delle più rilevanti differenze essenziali tra animale ed umano, allora bisogna dedurne che “…presso l’uomo l’individualità assume un nuovo senso, che non è possibile riscontrare in alcuna creatura sotto-umana”.
Ora l’uso dell’aggettivo “sotto-umano” ci può rinviare tanto al suo uso anti-umano di tipo razzistico (da parte di quel nazismo di cui la Stein stessa finì per essere vittima in quanto ebrea) quanto al suo uso pro-umano di tipo anti-animalista. Di quest’ultima colpa dunque la pensatrice stessa si sarebbe qui macchiata, e proprio in forza della sua passione nel difendere la dignità umana.
È da supporre insomma che la sua affermazione appena citata possa far fremere di sdegno sia il razzista-nazista sia l’animalista. Sdegno che nel primo caso sarà dovuto alla collera per il veto morale opposto alla ferocia anti-umana, e nel secondo caso sarà dovuto ad un vero e proprio orripilare per una presunta ingiustizia (e conseguente ferocia) anti-animale.
Dov’è la verità? Non è davvero facile dirlo. Così come non è difficile constatare la nobiltà d’animo della battaglia condotta da tanti animalisti. Si tratta però di una battaglia condotta da uomini e quindi in nome di sentimenti e valori propriamente umani. Valori animali infatti non sono finora noti.
Dall’altro lato la constatazione della Stein circa la natura dell’individualità umana, è assolutamente inoppugnabile. Basti pensare al fenomeno, da lei stessa citato, dello spontaneo orrore suscitato in noi da un Doppelgänger (sosia) umano, e non invece da un Doppelgänger animale o vegetale.
A conclusione di questa riflessione c’è allora da chiedersi se, nel così complesso e controverso scenario della modernità, un fenomeno come l’allargarsi dell’animalismo non sia andato di fatto di pari passo con l’ormai storico allargarsi del razzismo entro lo stesso contesto culturale e sociale. Insomma, per essere più espliciti, non è che gli animalisti sono stati in fondo complici dei Lager nazisti e stalinisti?
Di nuovo è difficile rispondere. Ma di certo l’attenuazione a qualunque titolo dell’estremismo dell’affermazione fatta dalla Stein circa l’individualità umana ha l’inevitabile conseguenza di rendere possibile che un uomo possa effettivamente essere considerato un “Untermensch”. E ciò sostanzialmente perché non sarà più considerato ovvio che egli è una creatura nel pieno senso del termine, e cioè un’irripetibile creatura divina, ovvero un dio-uomo in piena regola. Un dio in forma umana. Ma siccome, nel considerare l’altro un Untermensch, noi attribuiremo a noi stesso proprio questa somma dignità creaturale, allora tutto ciò significherà che l’altro non è più nostro fratello in Dio (o meglio in Cristo).
Circa il contesto e senso storico dell’attenuazione (fino alla negazione) di tutti questi concetti (così cristiani) bisognerebbe interrogarsi profondamente. Essi si compiono infatti in uno scenario estremamente vasto di pensiero, che risale a molti concetti anti-religiosi dell’Illuminismo. Concetti che oggi si trovano rappresentati lungo un arco di posizioni ideali che copre di fatto tutto lo scenario delle convinzioni laiche, da quelle liberali a quelle di estrema sinistra e di estrema destra.
Insomma su tutto ciò vi è moltissimo da meditare. E dunque facciamolo!
La nostra compagna di pensiero sarà, come in tanti altri aspetti e momenti della nostra riflessione, proprio la grandissima Edith Stein, o anche Santa Theresia Benedicta a Cruce.
Oggi, non a caso, una delle tre patrone d’Europa.